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Sin dalla prima edizione dei Giochi di Atene del 1896, i movimenti femministi europei avevano denunciato l'assenza di competizioni dedicate alle donne. La prima Olimpiade fu, di fatti, tutta al maschile. Ma riuscì a far parlare di sé la greca Starnata Revithi che, nonostante il gran rifiuto del barone Pierre de Coubertin, decise di percorrere ugualmente lo stesso tragitto degli uomini nella gara più impegnativa: la maratona. Corse per più di quaranta chilometri e impiegò solo un'ora in più del campione. Con il passare degli anni il CIO iniziò ad ammorbidirsi sulla spinosa questione e fece alcune concessioni che avevano però tutta l'aria di essere una sorta di "contentino". Ebbero occasione di partecipare ai Giochi di Parigi e poi di Londra solo alcune tenniste, golfiste e tiratrici con l'arco. Furono appena ventidue le "fortunate" degne di tale concessione. Non una di più, raccomandò il barone. Dopo l'inizio della Prima Guerra mondiale, la situazione cambia radicalmente. Le donne sostituiscono gli uomini impegnati al fronte in tutti i campi di loro competenza e lo sport raccoglie immediatamente questa eredità. Da quel momento il numero delle donne alle Olimpiadi comincia a crescere, edizione dopo edizione, fino al 1984 - a Los Angeles - dove la percezione generale sulle donne nello sport si modifica definitivamente. Dal momento in cui viene concessa loro pari dignità ecco che molto spesso stabiliscono record superiori a quelli degli uomini, dal nuoto alla maratona...